Esposizione di Tremona: dicono di noi…

“Leggerezza”. Atelier di Irene Weiss, Tremona. Dal 17 aprile fino al 15 maggio 2016, (finissage). Orari di apertura: venerdi’, sabato, domenica e festivi o su appuntamento telefonico.


 

Nella definizione della leggerezza, le ‘Lezioni americane’, Calvino esprimeva il suo sottrarre peso  alle volte celesti, alle città, al linguaggio. “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.

La nuova proposta di Irene Weiss, sempre accurata e aperta a un incontro fecondo tra autori, autori e pubblico, persone che vengono per ritrovare quanto fatto nel solco di una programmazione mirata e attenta, si concentra su tre artisti di segno e provenienza diversa. Aurora Ghielmini, pittura; Lorenzo Cambin, scultura; Jaros Rebosolan, pittura.

Li abbiamo incontrati. Lorenzo Cambin, una ricognizione pura su forme asciutte, aeree. “Sono le cose piu’ semplici in natura. Sono partito dal segno che è quello vegetale e questo, per crescere, ha bisogno del minerale. Uso come equilibrio terracotta, vetro, sasso o terra, rame, per sorreggere la parte vegetale che si muove con l’aria come un filo d’erba. Cosa elementare”. Mi viene in mente l’arte orientale. “C’è quella parte di composizione che puo’ rimandare ai bonsai, al suiseki, la forma richiama anche questo”. Forme dense in uno spazio piccolo. “Un gioco estetico visuale. Ci si chiede come mai puo’ stare in piedi ed è lo stesso di cui parlavo prima, il rapporto tra vegetale e minerale. Anche una scelta funzionale”. Anni di ricerca. “Ho iniziato con la pittura e gradualmente sono arrivato al legno, l’idea di farlo muovere: insisto nella ricerca perché penso ci sia sempre una soluzione migliore, qualcosa di nuovo, equilibri diversi. Una meccanica fisica senza sonoro che è quello che c’è intorno: i ritmi che producono sono quelli della musica e si intervallano quasi come il canto dell’uccellino che sentiamo adesso”.

E’ la volta di Jaros Rebosolan, della sua attenzione per l’ombra, tema che entra fortemente nella psicanalisi e nella fisica: nella mente e nel sentire il corpo parte del mondo che rappresenta. Cosa vuol dire, per lei, esporre con altri artisti? “E’ un’emozione. Sono le prime mostre che sto facendo ed entrare in questo prezioso Atelier, la sua storia, è già notevole. Anche esporre con persone già affermate che hanno comunque valorizzato il mio lavoro prima di acconsentire a esporre insieme. Ritengo sia una cosa molto bella”. Il suo percorso? “Sono figlio d’arte e questa me la sono sempre sentita addosso, in casa. Poi, ho cercato qualcosa che mi rispecchiasse: ho studiato a casa di un maestro d’arte che ci faceva copiare dai grandi pittori. Per diventare grandi si impara dai grandi, questo il suo motto. A un certo punto, cercavo qualcosa di mio. Avvicinarmi all’ombra è stato un caso: l’ombra come soggetto e non come accessorio, entrando un po’ nella sua psicologia”.

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Cos’è l’ombra? “Direi che è nostra custode, non cosa oscura: mostra le particolarità, le fa vedere. Un messaggero che tiene la tua personalità dall’inizio alla fine e lascia scegliere a te se entrarci o meno”. La pittura dell’ombra? “Ho iniziato a dipingerle molto scure cercando di schiarirle con la tecnica della velatura, ricomponendo e scomponendo figure di altri pittori, a esempio De Chirico, Dali’. Sono passato ai miei soggetti e l’ombra è diventata un passepartout; dinamiche, geometrie, colorazioni diverse dal solito, una realtà da maneggiare con cura”.

Scoperte? “Spesso un quadro inizia con la semplice ombra di una sedia. Dipingendola si crea un rapporto intimo: s’inizia a intravedere qualcosa d’altro, la persona che si siede, chi sta intorno e scopri anche te stesso. Vedere che mentre dipingi un’ombra si sovrappone e cosi’ una terza figura. La prima cosa puo’ essere anche l’ultima, un gioco”. La tecnica? “Velatura a olio, che mi permette di dare piu’ realtà al quadro e da qui posso tornare a un corpo solido. Nei miei pensieri, accade”.

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Aurora Ghielmetti è ‘In cammino’ , titolo del suo ultimo lavoro che risente di una diretta discendenza dalla natura. Bosco, terra, foglie. Odori e colori. Nella sua brochure, troviamo poeti e scrittori che individuano in questo angolo di realtà, la vita stessa. Ne citiamo uno, André Gide. “Oh, vorrei che la mia mente potesse lasciar cadere le sue idee morte, come l’albero fa con le sue foglie secche”. Quale cammino, Aurora, per arrivare qui a Tremona? “E’ un luogo dove ci si sente ben accolti; le opere, noi, le scelte di Irene Weiss. Qui c’è energia, si sente che sono passate molte persone. Non è sterile. La prima mostra che ho fatto qui è stata con Giulia Fonti, nel 2011. Irene vuole bene agli artisti, li invita perché stima loro e il loro lavoro”. Esporre insieme ad altri artisti? “Un valore aggiunto. Una personale puo’ creare molta responsabilità, entrare nel dubbio. Noi artisti siamo dei ‘lupi mannari’, io faccio già i miei ritiri di lavoro. Abito vicino alla natura, in Umbria, un viatico di sopravvivenza per me importantissimo. Una linfa. Dopo dieci anni a Roma, anni della giovinezza che hanno un coté spensierato, si torna a una dimensione piu’ silenziosa, meditativa”. E Roma, gli studi? “Ho studiato all’Accademia del costume, quindi ho fatto una formazione che a volte mi piace sposare, il teatro, un connubio interessante. Ho cercato di lavorare con scrittori, poeti, per questo le citazioni. Uscendo da un paese del Ticino, è stato l’incontro con l’altro, il Sud. Per quanto sia una città difficile, dispersiva,  Roma mi ha dato molto con la scoperta dell’arte, la storia, la sua luce straordinaria”.

Massimo Daviddi

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Un commento su “Esposizione di Tremona: dicono di noi…

  1. antonella macchi il said:

    Questo pomeriggio abbiamo avuto il piacere e l’onore di intraprendere un viaggio nell’aurea che circonda i quadri di Jaros… ci siamo emozionati.. abbiamo scoperto e ci siamo fatti scoprire… l’idea dell’ombra che permette di vedere e non vedere, di nascondere la realtà e di farla solo percepire a seconda della luce di quell’istante, ci affascina.
    Io e il mio collega ci siamo trovati d’accordo nel preferire solo i quadri che esprimono ombre e velature, piuttosto che quelli più definiti, che lasciano meno spazio all’interpretazione, che quasi “disturbano” il viaggio dell’anima di ognuno..
    Grazie Jaros perchè hai dato una vita propria a ciò che tutti pensano sia solo un riflesso, una dipendenza da altro.. sempre e comunque.. l’OMBRA..
    Grazie Jaros per averci fatto partecipare e vivere per un momento nelle tue opere come parti integranti di esse, per aver sovrapposto le nostre ombre alle tue.
    ANTONELLA E ANDREA

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